Nella fattispecie esaminata, la Prima Sezione Civile, ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata per non aver i giudici di secondo grado fatto corretta applicazione dei principi che regolano i provvedimenti riguardo ai figli e l’ascolto del minore.
Il caso. In primo grado, il Tribunale aveva statuito che la decisione relativa all’iscrizione all’ora di religione di una minore, frequentante la scuola elementare e collocata, a seguito di separazione dei genitori, prevalentemente presso la madre, dovesse essere assunta dal padre. Da ciò era conseguita l’immediata iscrizione della minore a questa attività didattica. La Corte di appello, in parziale riforma del decreto impugnato, tenuto conto del contesto familiare e del percorso già intrapreso dall’altra figlia, primogenita, della coppia, alla quale non era stata impartita un’educazione religiosa cattolica, aveva ritenuto di dover lasciare simile scelta alla madre. In particolare, come il Tribunale, la Corte d’appello aveva fatto applicazione dell’art. 316 c.c. Aveva pertanto ritenuto la Corte che non spettasse al giudice sostituirsi ai genitori circa la scelta oggetto di discussione, essendo le decisioni in materia di religione “insindacabili” e che dovesse, in caso di insanabile contrasto, essere adottata la soluzione più confacente all’interesse della minore, ovvero nel caso di specie quella proposta dalla madre. Non solo, ma in punto di ascolto, la Corte d’appello aveva ritenuto non capace di discernimento la minore (di anni sei all’epoca dei fatti), in rapporto alla questione controversa, rilevando la possibile e verosimile ragione di turbamento della stessa derivante dall’audizione su problematica educativa che divideva i genitori. Da qui il ricorso in Cassazione.
La normativa di riferimento. Al fine di addivenire alla soluzione del caso, la Cassazione ricorda che nelle ipotesi di crisi familiare e di contrasto tra i genitori sul percorso scolastico dei figli, quale l’iscrizione o meno all’ora di religione nella scuola pubblica frequentata da un figlio minore, opera non l’art. 316 bis c.c., norma che presuppone un contrasto in un nucleo familiare unito, ma l’art. 337-ter c.c. (testo applicabile ai procedimenti pendenti al 30 giugno 2023), ove si fa riferimento ad un contrasto insorto dopo l’avvenuta separazione fra i genitori. La scelta, pertanto, spettava proprio al giudice e non ai genitori, in considerazione del preminente interesse del minore ad una crescita sana ed equilibrata, e si estendeva fino alla possibilità di adottare provvedimenti contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà religiosa dei genitori, ove la loro esplicazione avrebbe potuto determinare conseguenze pregiudizievoli per il figlio, compromettendone la salute psichica e lo sviluppo. Secondo la Suprema Corte, quindi, la decisione del giudice doveva essere indirizzata esclusivamente dal criterio-guida dell’interesse della minore, con necessità di verificare quale fosse l’impegno richiesto dall’iscrizione all’ora di religione (in rapporto alla programmazione scolastica specifica della scuola primaria, pubblica, frequentata) quali fossero i suoi bisogni e non sulla base di pregresse scelte riguardanti la sorella maggiore.
Cass. civ., sez. I, ord., 7 marzo 2023, n. 6802