Pedinare il vicino di casa, rivolgergli occhiatacce e scattargli fotografie di nascosto. Non si tratta di dispetti ma di vere e proprie molestie alla base di gravi episodi di stalking condominiale. Una condotta molesta su cui non è possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Così ha stabilito la Cassazione nella sentenza 49269/2022, rigettando il ricorso di un ottantenne siciliano, accusato di aver ripetutamente importunato uno degli inquilini del palazzo in cui abitava.
A ottobre 2021, l’uomo era stato condannato dal Tribunale di Enna al pagamento di una sanzione di 200 euro per il reato di disturbo o molestia alle persone. Secondo il giudice, le testimonianze confermavano che l’imputato fosse solito infastidire il vicino, inseguendolo o intralciandone la marcia. Comportamenti che l’ottantenne giustificava con la scusante di un rapporto teso nato da presunti soprusi del dirimpettaio.
Impugnata la sentenza in Cassazione, l’uomo ha contestato al Tribunale scarsa attenzione nel verificare l’attendibilità dell’accusa e delle prove. Non solo: a suo dire, il giudice non aveva considerato la reciprocità delle molestie e l’assenza di soggettività nella condotta incriminata.
La Suprema corte ha sottolineato come le prime due motivazioni fossero basate su congetture. Inammissibili anche l’argomentazione della soggettività, visto che gli atteggiamenti contestati erano più numerosi e meno neutri di quelli riportati dal ricorrente, e della reciprocità perché riguardava il rapporto tra le parti, più che i singoli episodi denunciati. In ultimo, i giudici di legittimità hanno sciolto il nodo della causa di non punibilità. Specificando come non fosse stata concessa per la natura reiterata della condotta dell’ottantenne. Condannato, a ricorso respinto, al pagamento delle spese legali.
L’articolo 612 bis del Codice penale punisce comportamenti persecutori che causano nella vittima «un perdurante stato di ansia , un fondato timore per la propria incolumità e la costrizione ad alterare le proprie abitudini». Nel caso in cui un condòmino subisca episodi del genere può rivolgersi alla questura. L’articolo 8 della legge 38/2009 prevede una procedura per cui la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza e chiedere un ammonimento ai danni dell’autore della condotta vietata. Qualora l’istanza sia fondata, il questore ammonisce il soggetto e lo invita a tenere un comportamento conforme alla legge.
Fonte: Il Sole 24 Ore